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Ode ai medici italiani, o stranieri in Italia

medici italiani

Il titolo originale di questo post era “Ode ai medici italiani”, ma mi sono corretta perchè ho pensato che recentemente sono stata visitata da un urologo albanese che lavora in un ospedale milanese, ed è stato, come la maggior parte dei medici incontrati recentemente nel Bel Paese, di un’umanità e disponibilità veramente toccanti.

 

Non sai quello che hai finchè non lo perdi. O finchè non lo confronti con quello che trovi in altri mondi. Che è ciò che mi è capitato con la medicina, branca con la quale, purtroppo, ho avuto molto a che fare in questi ultimi anni.

Con trent’anni di vita all’estero vi potete immaginare la quantità di medici e di approcci diversi con i quali mi sono confrontata. Posso però dire con certezza che i medici italiani non hanno pari in quanto a umanità. Lo so, LO SO che anche in Italia esistono quei professoroni che non aprono bocca prima che tu abbia aperto il portafoglio. Io però, per fortuna, ne ho incontrati davvero pochissimi. Mentre i medici italiani che mi hanno aiutata, a volte anche infrangendo le regole, non li conto davvero più.

E non voglio, con questo post, riaprire il trito dibattito sulla sanità italiana. Voglio semplicemente scrivere un’ode a quei fantastici medici italiani che hanno capito che dietro al sintomo c’è una persona, e hanno dimostrato passione e onestà per il lavoro che si sono scelti.

In Svizzera ho avuto un’esperienza piuttosto traumatica con un pronto soccorso. Mi ci ero recata per via di una cistite interstiziale che non mi dà tregua. Lì mi è stato consigliato di consultare un’uro-ginecologa. Anche attraverso lei (oltre che all’ascolto di molte persone che vivono qui da tempo) ho cominciato a mettere a fuoco l’approccio generale medico-paziente in terra elvetica. Un approccio a cui i miei fantastici medici italiani non mi avevano affatto preparata.

Non voglio fare nomi nè indicare le specialità, ma nel corso delle mie ultime disgrazie di salute mi sono imbattuta in un medico super umano.  Un medico che dopo la prima visita a pagamento, mi ha ricevuto gratuitamente per approfondire il problema. Lo stesso medico mi ha poi telefonato più volte per darmi ancora più chiare indicazioni, e ha sempre risposto alle mie mail in tempo quasi reale quando mi trovavo in situazione d’emergenza a Jakarta.

E’ stato lui a indirizzarmi a un altro team di splendidi medici che però non avrebbero, sulla carta, potuto seguirmi. Il loro servizio è erogato unicamente tramite il Servizio Sanitario Nazionale. Io, essendo residente all’estero, non posso usufruirne. Queste splendide persone mi ricevono gratuitamente e mi seguono con una presenza e un’abnegazione che neanche pagando parcelle d’oro è assicurata.

E questa non è stata l’ultima volta che dei medici mi sono venuti incontro sul discorso della mutua. Un altro dottore (uso il maschile ma ci sono anche donne in questo splendido pool, naturalmente) mi ha ricevuta più volte trovando il modo di farmi pagare regolare ticket anche se non sono iscritta all’SSN.

Naturalmente mi sono anche fatta visitare privatamente, ma anche in questo caso la vicinanza e la presenza a distanza dopo il primo contatto non sono venute a mancare: per svariati mesi ho scritto contrite mail a uno specialista della mia patologia, che mi ha sempre risposto immediatamente, mandato ricette via posta elettronica, e consultato risultati delle mie analisi a distanza.

Che dire della dottoressa che da mesi mi buca le braccia per controllare le mie piastrine? Ascolta sempre musica, mentre lavora, e ogni volta che arrivo non so se aspettarmi Mozart o Guccini. Da lì parte una bella chiacchierata sull’arte, sui tempi passati, sulla vita. Con tanto di sorrisi e tempo speso anche al di là del prelievo di sangue.

Un altro specialista che mi ha amorevolmente seguita (e guarita) l’estate scorsa, mi ha ricevuto per la prima volta, mi ha ascoltata e visitata per UN’ORA INTERA, e non ha voluto un centesimo. “Comincerai a pagare quando farai le sessioni“, mi ha detto congedandomi con un gesto sbrigativo. E durante le sessioni non  ha mai lesinato sul tempo che mi dedicava, trattenendomi ben oltre l’orario concordato.

Mi viene da ridere (o piangere) se guardo le fatture dei nostri medici in Svizzera: c’è sempre una parte (salata) riservata a “lo studio del dossier in assenza del paziente“. Quando sono di buon umore questa cosa mi fa sorridere. Quando, come oggi, sono afflitta da un disturbo che non mi abbandona da un anno e mezzo, mi amareggio, e per tirarmi su scrivo un’ode ai miei fantastici medici italiani.

 

Claudia Landini
Maggio 2019
Foto principale di Arvin Chingcuangco su Unsplash

 

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