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Conferenze online e conferenze in presenza

In questo mese di marzo ho partecipato a due grandi e (per me) importanti conferenze online: quella della Families in Global Transition, e la ITIL (Interactive Techniques for Improved Learning) del gruppo Thiagi. Ho imparato e riflettuto tantissimo sulle differenze tra questo tipo di eventi online e in presenza.

 

Tra i tanti aspetti dolorosi che la pandemia del COVID-19 ci ha regalato, c’è quello di non poter più organizzare conferenze in presenza. Quando è stato chiaro che non avremmo più potuto viaggiare, è diventato naturale organizzare le conferenze online, l’unico modo che abbiamo a disposizione per continuare a lavorare e crescere come professionisti.

Con Dominika Miernik alla FIGT16, Amsterdam

Io ho sempre adorato partecipare alle conferenze. Amo tutto il processo: l’iscrizione, la preparazione al viaggio (non mi è ancora capitato di partecipare a conferenze nel posto in cui vivo), lo studio attento del programma, la scelta di cosa favorire, e l’aspettativa di arrivare sul posto e vedere i volti dei partecipanti.

L’aspetto del networking e delle relazioni umane è altrettanto importante dell’esperienza di apprendimento e riflessione in sé. Anche se quello che mi spinge a partecipare a una conferenza è sempre il fatto di ascoltare, interagire e imparare da professionisti che stimo, anche il networking e le relazioni umane sono importanti. Anzi, importantissime.

È interessante vedere come stiamo riuscendo a mantenere tutti gli aspetti delle conferenze in presenza anche nelle conferenze online. A livello di programma, nulla è cambiato. Si possono garantire contenuti di qualità anche fornendoli virtualmente. E’ possibile parlare, condividere documenti, immagini, ingaggiare i partecipanti in attività interattive, per tutto questo non c’è problema. Si può garantire il coffee break e il rispetto degli orari. E’ anche facile creare occasioni di networking e speed-dating, garantire il follow-up alla conferenza e creare l’atmosfera giusta per rendere l’evento memorabile.

 

conferenze online

 

E allora cosa cambia, al di là dell’ovvia mancanza di fisicità che le conferenze online impongono? Ecco quello che ho sperimentato:

Lo schermo rassicura

E’ innegabile che interagire tramite uno schermo offre una protezione che in presenza non abbiamo. Se ci troviamo in una situazione imbarazzante o abbiamo bisogno di una via d’uscita rapida, con un click possiamo spegnere il video e scomparire. Nessuno saprà cos’è successo, quindi qualsiasi ragione è valida. Questa è una fonte di sicurezza molto forte, e sono sicura che permette anche ai più introversi e timidi di unirsi a eventi in cui la partecipazione e l’interattività sono elementi fondamentali (e richiesti).

Lo schermo intimidisce

Essere tutti sullo stesso schermo, però, crea una situazione che nelle conferenze in presenza è molto diluita. Tanto per cominciare, in presenza nessuno si permetterà di fissare apertamente uno o più partecipanti, di studiarli e di osservarne a fondo le reazioni. Tramite schermo questo si può fare. E anche se mi riesce difficile pensare che qualcuno possa trovare più interesse nello studiare un partecipante che nell’ascoltare l’oratore, questa imprevedibilità di quanto veniamo osservati e studiati, per molti può essere intimidente.

conferenze onlineI timidi o coloro che per qualche motivo sono bloccati nel parlare, avranno più difficoltà nella situazione virtuale. Mentre in presenza l’insieme delle relazioni si gioca a tantissimi livelli – siamo pur sempre tutti in una stanza, respirando la stessa aria e contribuendo tutti insieme a un concerto sonoro – tramite schermo tutto è sgrassato, sono le stesse facce fisse davanti a tutti e con un campo visivo ristretto.

Io, che soffro abbondantemente della sindrome dell’impostrice, spesso tremo all’idea di venir chiamata, apostrofata o scelta come volontaria per un’attività. In particolare, se sono in un ambiente in cui percepisco gli altri a un gradino più alto del mio (come spesso capita alle conferenze), preferiscono avere un ruolo passivo e tenere per me le mie idee e impressioni. Può capitarmi di non riuscire ad alzare la mano e far domande, faticare ad esprimere il mio punto di vista davanti a un nutrito gruppo di esperti, e di avere paura ad accettare di fungere da volontaria perché temo di impappinarmi o fare brutte figure (qualsiasi cosa ciò significhi).

Per le persone come me, le conferenze online possono diventare un tormento, a meno di ricorrere al trucco che citavo sopra, di spegnere lo schermo, che però non è quanto uno auspica se spende soldi per partecipare a una conferenza che gli interessa.

La chat

Se ci trovassimo a una conferenza virtuale e continuassimo a commentare l’intervento con i nostri vicini di sedia, o se a ogni affermazione dell’oratore urlassimo “Bravo! Ben detto!” o “Sono completamente d’accordo, Margaret!“, non dureremmo a lungo nella stanza. Le conferenze online hanno questo strumento chiamato chat che – sempre a mio avviso – cambia completamente il gusto della partecipazione.

part-time expatIn entrambe le conferenze a cui ho partecipato, la chat mi ha un po’ disturbata. Vedere commenti, link e riferimenti che si accumulano in quella parte dello schermo è invitante. Ci sono pur sempre essere umani dietro alle parole, e quindi si tratta di leggere impressioni, informazioni e idee dei partecipanti. E’ sicuramente un plus che le conferenze in presenza non hanno: se vogliamo scambiare impressioni, dobbiamo farlo nelle apposite pause.

Leggere la chat, però, toglie concentrazione all’intervento. In alcuni casi, in cui leggere la chat diventava importante per varie ragioni, mi sono persa grandi pezzi di discorsi e alla fine non mi raccapezzavo più. Ogni movimento in quella parte di schermo, inoltre, svia la mia attenzione, che devo continuamente riportare sull’oratore.

Voi mi direte: salvati la chat alla fine dell’intervento e sei a posto. No, non sono a posto. Primo perchè spesso le chat non hanno senso se non vengono lette in tempo reale. Secondo perchè vuol dire che oltre ai documenti distribuiti e alle registrazioni, avrò un’altra pletora di materiale da riguardare, e torniamo sempre lì: chi ha il tempo di farlo?

Le conferenze online durano il doppio delle conferenze in presenza

Quando assistiamo a un intervento o workshop durante una conferenza in presenza, sappiamo che dobbiamo concentrarci e gustarci a fondo il momento, perché non si ripeterà. In una conferenza online, invece, avremo a disposizione la registrazione. E questo cambia tutto. Cambia la relazione che abbiamo con il momento, con l’oratore, con le riflessioni che questo suscita. E’, da una parte, un enorme vantaggio, un plus pazzesco: se l’oratore va troppo veloce, so che potrò tornare sui punti che m’interessano nella calma e intimità della mia stanza; se un’immagine mi colpisce in maniera particolare, tornerò a cercarla per studiarmela a fondo.

Per fare tutto questo, però, avrò bisogno di tempo, tanto tempo. Forse addirittura il doppio del tempo che ho usato per seguire la conferenza. E trovare tempo è difficile, mette pressione.

Questo processo può tradursi in una perdita sostanziale di transfer di contenuti. Magari mi rilasso sapendo che avrò a disposizione la registrazione, e poi non trovo il tempo per riguardarla. I giorni passano, l’impatto della conferenza sbiadisce, e rischio così di perdere per strada elementi e concetti importanti.

I rapporti vengono consumati velocemente

Con George Simons alla conferenza SIETAR19 a Leuven, Belgio

Questo è valido in generale per tutto il mondo virtuale, ma quando lo si sperimenta durante una conferenza, se ne diventa pienamente consapevoli: senza l’interazione fisica la relazione evapora rapidamente. Diventiamo un nome sulla lista dei contatti di qualcuno che abbiamo incrociato online, e lì restiamo, perché non c’è nulla di tangibile che accompagni l’incontro e ci fissi in maniera profonda nella mente di quella persona.

Nelle conferenze in presenza, ho sempre adorato i coffee break: è lì che ci si specchia occhi negli occhi da vicino, che si vede la persona nella sua interezza (compresa tutta la gestualità), che si misura il calore, la freddezza, la postura, il tono di voce, senza veli e con un’immediatezza che difficilmente si può contraffare. Spesso ci si scambia un biglietto da visita, o si smanetta sul telefono per scambiarsi i dati. Si osservano le mani, e altri dettagli che concorrono a formare un’impressione di chi ci sta davanti.

Nelle conferenze online, c’è chi dopo due secondi dall’inizio ti ha già scritto su LinkedIn per “fare rete”. Chi, come me, preferisce connettersi con persone che hanno lasciato un impatto per qualche motivo, si affanna a scriverne il nome da qualche parte. In mancanza di un’app che riunisca i profili di tutti i partecipanti (e per le conferenze online non ne ho ancora visto l’uso), si rischia di perdere la connessione con persone importanti per noi, persone che magari, adocchiate alla pausa caffè o prima di entrare nella sala di un evento, avremmo approcciato senza indugio.

 

Lunch break alla FIGT16, Amsterdam

 

La mia ultima considerazione riguarda il fatto che organizzare conferenze online è molto più semplice e meno dispendioso (proprio in termini di budget). Da quando è arrivato il COVID-19, dopo un primo momento di sbalordimento e assestamento, sono partite le conferenze online, i webinar, gli incontri virtuali, che si moltiplicano come funghi e ci costringono a un riaggiustamento delle nostre giornate che non è – per me, ma credo per tutti – affatto scontato.

Personalmente, se da una parte sono elettrizzata dalle occasioni di crescita e apprendimento che questo periodo ha portato, a volte sento sulle spalle una pressione terribile: a cosa partecipare e cosa lasciar fuori? Quanto tempo destinare a queste attività che, pur essendo innegabilmente importanti per la propria professione, si prendono enormi fette di tempo, tempo che dobbiamo togliere da altre cose? Cosa scegliere quando due eventi o due conferenze si sovrappongono?

In questo turbinio di offerta, eventi virtuali, rapporti sempre più stretti con i nostri computer, tablet e telefoni, è passato un anno da quando abbiamo cominciato a perdere vite per il COVID. E le morti sono molto più reali di tutto il virtuale a cui ci stiamo fortemente abituando.

Nella speranza di poter riprendere presto a incontrarci di persona nelle conferenze e altrove, il mio pensiero va a chi ci ha lasciato e a chi, ancora dopo un anno, lotta tutti i giorni in prima fila in questa terribile situazione.

Claudia Landini
Toscana
Marzo 2021
Foto ©ClaudiaLandini

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