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Il mio ultimo giorno di scuola

ultimo giorno di scuola

L’ultimo giorno di scuola visto dalla madre.

Oggi è l’ultimo giorno di scuola del mio figlio più piccolo. E il mio, naturalmente.

Ammetto che mi sono commossa oggi, quando l’ho visto uscire dalla macchina e andare via. Diciamo sempre che il tempo vola, ma quando la realtà arriva, oggi è l’ultima volta per sempre che accompagno uno dei miei figli a scuola, qualcosa si muove dentro. Perchè ovviamente, la scuola non era solo l’espressione di una vita famigliare felice e attiva; ci giravano intorno così tante cose, e mi mancheranno tutte (di questo sono sicura).

Prima di tutto la scuola era un mondo di scoperte – belle e brutte. Quando i miei figli erano piccoli, toccava a me accompagnarli attraverso queste scoperte, e filtrare i fatti che loro coglievano, a volte con allegria, a volte con angoscia.

Quando sono cresciuti, sono diventati loro il mio canale di scoperta della scuola, e mi facevano parte, a volte con un senso dell’umore che mi uccideva, del loro mondo. Non vi annoierò con storie e dettagli che ovviamente non potete condividere con la mia stessa empatia, ma credetemi, abbiamo dovuto capire e adattarci a parecchie cose durante il nostro viaggio colorato: lingue, slang, rituali, pasti, religioni, codici, comportamenti, sentimenti, società…ogni scuola era un nuovo mondo, e quando finalmente sentivamo che l’avevamo abbastanza penetrato, era ora di partire.

Al di fuori di Milano, non abbiamo mai vissuto vicino alla scuola. A Brazzaville, l’asilo di Alessandro chiudeva per due ore due giorni alla settimana, e non facevamo in tempo ad andare a casa e tornare, quindi pranzavamo dal suo amico Ismaele. Mi ricordo ancora con chiarezza il momento in cui dopo mangiato mettevano Il Re Leone in tv, e io mi addormentavo dolcemente nella calura del pomeriggio, le loro vocine che si allontavano…

In Honduras e in Perù, dovevamo trovare dei modi per ammazzare il tempo perchè i bambini uscivano a ore diverse. Pizza Hut (!) o Diunsa (un grande magazzino dove vendevano la Lego!) erano i nostri classici a Tegus, mentre a Lima abbiamo avuto la fase di Polvos Rosados,  un mercato dove Mattia passava ore guardando le carte di Yugi Oh (e dove tornavamo dopo aver raccolto il fratello, che voleva comprarne pure lui, vi lascio immaginare!). Questi momenti in cui spesso mi sentivo annoiata e stanca, adesso sono ricordi preziosi di un tempo durante il quale li seguivo e facevo cose con loro.

Portarli avanti e indietro da scuola voleva anche dire un bel po’ di tempo in macchina, chiacchierando. Ogni volta che li raccoglievo ero tutta eccitata perchè sapevo che avevano qualcosa d’importante o di divertente da dirmi. O che uno dei due stava passando per un brutto momento, e avremmo usato il tempo del viaggio in macchina per analizzare la situazione e trovare strategie per affrontarla. O, naturalmente, c’erano i momenti quando ero io a raccontare di me stessa, di Expatclic, o di una notizia che avevo ricevuto. E certo, c’erano anche momenti di litigi e lotte tra loro, che a volte mi portavano al limite dell’esasperazione, ma chissà perchè, oggi non sono questi a tornarmi alla mente.

Quello a cui penso è che la fine della scuola vuole anche dire non essere più in contatto costante con i loro compagni di scuola, seguirne le vite, accoglierli a casa, cucinare per loro. Mostrare ai miei figli quanto li amo, accogliendo anche i loro amici. Mettere tempo ed energia nei momenti che passano a casa nostra, per fare in modo che vogliano tornare.

Per ventun’anni ho portato i miei figli a scuola. Dall’asilo a Bissau alla scuola francese a Gerusalemme, ogni giorno li salutavo al mattino con un bacio, e li riprendevo in pomeriggio. Ogni fine è un nuovo inizio, dicono, e cerco di concentrarmi su questo mentre guardo le fotografie di una vita e tento di controllare il nodo in gola. Ma mi dico che va bene così. I bambini piangono il primo giorno di scuola, io piango nell’ultimo.

 

Claudia Landini
Maggio 2014
Foto ©ClaudiaLandini

Comments (0)

  1. What a lovely blog post. i can relate to killing gime in the afternoon when one kid finishes before the others and it’s not worth going home in between. In Brussels, since we lived outside the city, the school but would pick up our poor children at 6.45 a.m. But my happiest memory of school runs is from Barbados. For four years, every day as we turned west from Highway 1a to Highway 2, we had the spectacle of the Caribbean Sea down the hill below us. And every day we voted kn the view. It was never less that 8/10.

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