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In ricordo di Paolo

Questo non è un post facile da scrivere. Le emozioni che mi si sono scatenate oggi, quando ho conosciuto Simonetta, moglie di Paolo, un compagno di classe delle medie che è recentemente mancato, sono tante e tali, e difficili da spiegare. Ci provo.

 

E’ il 14 febbraio 2019. Io la mia amica di sempre Paola siamo sedute in una pizzeria di Via Marghera, a Milano, e aspettiamo, in un misto di ansia ed eccitazione, gli unici due ex compagni delle medie che hanno aderito al nostro invito di fare una rimpatriata. Se io e Paola nel corso degli anni non ci siamo mai perse di vista, loro non li vediamo dalla bellezza di 42 anni.

Quando arrivano, è come se il tempo non fosse passato. Sì, qualche ruga e capello bianco in più, un po’ di buchi da riempire, ma siamo sempre noi, come quando parlavamo di quanto fosse stronza la Ledda e di come ci facesse ridere la Pisani.

Scopro che Paolo, il “bello della classe”, vive a Ginevra, come me. Come me ha seguito la moglie. Mi sembra una coincidenza bellissima, e quando rientro alla mia città d’accoglienza, lo contatto.

 

Ci scambiamo qualche informazione, qualche messaggio, cerchiamo di pensare a un incontro nelle vite movimentate di entrambi. Decidiamo di rimandare il nostro incontro a dopo Pasqua, quando la stagione sarà più bella, per fare un barbecue a casa sua.

Questo barbecue lo faremo, forse a settembre, forse a primavera prossima, ma Paolo non sarà con noi perché un male fulmineo e crudele se l’è portato via ad agosto scorso.

Ci sarà Simonetta, sua moglie, perché oggi ci siamo conosciute e abbracciate, abbiamo chiacchierato, ci siamo sentite vicine.

Da quando Paolo mi aveva detto che non stava bene e che quindi (parole sue) “il nostro possibile incontro salta a data da destinarsi”, non avevo mai smesso di pensarlo. Una sorta di pudore, però, mi tratteneva dal bombardarlo di messaggi per sapere come stava. L’ultima volta che l’avevo visto era dopo l’esame di terza media, a Milano. Avevamo quattordici anni. E anche se non avevo dubbi che fosse una bella persona (perché il seme di quello che saremo sta già germogliando a quell’età, e lui era un ragazzino dolcissimo), in fondo non c’era proprio nulla che mi legasse a lui.

L’ho lasciato dunque tranquillo, ma ero inquieta. I mesi sono passati, è arrivato il COVID, ho perso mia mamma, un paio di parenti e un carissimo amico. È stata proprio la morte di questo caro amico a farmi pensare a Paolo. Stesso male, stesse date. Rientrata da Montpellier, dove avevo voluto a tutti i costi andare a salutare Jean-Charles (basta addii a distanza, basta congedi senza abbracci), mi è presa una grande preoccupazione per Paolo.

Il 14 agosto gli ho scritto, gli ho chiesto come andava, ma non ho ricevuto risposta. Ho aspettato un po’. La mia casina toscana si è via via svuotata. Partito il marito, partiti i figli, sono rimasta sola ad assaporare il cambio di stagione nel posto che più amo al mondo.

Un giorno, quasi un mese dopo, Simonetta ha risposto al messaggio che avevo mandato ad agosto, dicendomi che Paolo era mancato proprio il giorno in cui io l’avevo ricontattato. Ricordo nitidamente la notte che ha fatto seguito a questa notizia come una delle peggiori degli ultimi anni. L’angoscia che mi scuoteva era talmente profonda, che per un attimo ho seriamente pensato di prendere la macchina e raggiungere qualche anima amica per non essere sola.

Io e Simonetta ci siamo tenute in contatto. Per me era importante mostrarle la mia vicinanza, a lei forse, in qualche modo, faceva bene pensare che una persona in più pensava a lei, e pensava a Paolo.

È strana la sensazione che ci avvolge quando dobbiamo in qualche modo costruire un rapporto con una persona che non c’è più. Paolo per me era rimasto cristallizzato a quei momenti in cui classe ci sbirciavamo tra i fogli alla ricerca di un suggerimento, o a quei pomeriggi in cui ascoltavamo i 45 giri nel mangiadischi e giocavamo a bottiglia. Ma lui era esistito anche, per brevi momenti, quando mi ero immaginata d’incontrarlo, di conoscere la sua famiglia, fargli conoscere la mia, e stringere un nuovo rapporto umano con una persona che non conoscevo, ma con la quale avevo condiviso un pezzettino del mio passato remoto.

Oggi io e Simonetta ci siamo incontrate per un caffè, ed è stato un momento emozionante. Mi ha raccontato tante cose di Paolo – cos’aveva fatto in tutti questi anni, cosa gli piaceva, che persona era. Mi ha fatto vedere qualche foto. Mi ha toccato il cuore raccontandomi la lezione che Paolo le, ci ha lasciato, affrontando la morte come solo chi ama profondamente la vita sa e può fare.

E’ un sordo dolore di fondo quello che ci ricorda che quanto avrebbe potuto essere non sarà mai. Per Simonetta, e i suoi figli, dev’essere devastante. E mentre la guardavo e l’ascoltavo, oggi, pensavo che Paolo non avrebbe potuto avere una moglie diversa da lei, in nulla.

Il mio rammarico personale si è tramutato in dolcezza quando ci siamo salutate e Simonetta mi ha abbracciata. Perché so che da questo immenso dolore è nato qualcosa. È il regalo che Paolo ci lascia, l’averci fatto incontrare, e incontrare in queste circostanze. Perché chissà come sarebbe stato, se quel barbecue l’avessimo fatto. E io fossi arrivata con mio marito, e avessimo passato un bel pomeriggio chiacchierando, ridendo e ricordando. Chissà se io e Simonetta avremmo creato questa complicità, questa intimità costruita su un suo così grande dolore.

Non lo so, ma so com’è adesso. So che ci rivedremo, e magari andremo insieme ad esplorare una delle cose di cui abbiamo parlato ieri, e metteremo insieme le nostre energie, come solo noi donne sappiamo fare.

Grazie Paolo, non te l’ho detto prima ma te lo dico ora. Che la terra ti sia lieve.

 

Claudia Landini
Ginevra, Svizzera
Maggio 2021

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