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I checkpoint in Palestina

In Palestina ci si abitua molto rapidamente a integrare i checkpoint nel proprio quotidiano.

E’ incredibile come gli esseri umani si abituino a tutto. E’ questa la ragione per cui amo i primi periodi in un nuovo paese, quando si è ancora in grado di soprendersi e vedere cose nuove. Mi ricordo bene cos’ho provato quando sono passata da un checkpoint in Palestina la prima volta – ero in ansia e non sapevo cos’apettarmi. Poi, come tutti, ho imparato le regole, e i checkpoint sono diventati una parte del tessuto della realtà locale, e anche se non è mai bello passarci, in qualche modo li ho integrati e non mi agito più.

checkpointAnzi, sono addirittura diventati un pratico punto di riferimento geografico quando devo incontrarmi con qualcuno. “Oh, sei entrata dal checkpoint della tomba di Rachel“, mi ha detto un amico l’altro giorno, “pensavo che saresti passata dai tunnel…“.

Il checkpoint che usi per entrare o uscire determina la tua posizione, e diventa un modo per trovarti e venirti incontro. Alcuni sono abbastanza fortunati da poter usare i checkpoint riservati al personale umanitario (ne ho attraversato uno per due volte recentemente, con amici, e ne ho apprezzato l’ordine e la velocità della procedura), altri usano i checkpoint dove passano i coloni, nella speranza di essere scambiati per uno di loro e di passare senza problemi.

Col tempo impari quali checkpoint è meglio usare in orari specifici, tenti strade diverse (Qalandia è un macello per entrare a Gerusalemme, quindi meglio passare da Hizma, anche se si consuma più benzina perchè il giro è più lungo), e impari a portarti sempre un libro se viaggi da sola e devi passare per un checkpoint difficile. In alcuni devi assolutamente avere con te il passaporto, in altri neanche ti guardano in faccia.

Oltre a diventare parte della realtà quotidiana, i checkpoint in Palestina costituiscono un vivace argomento di conversazione tra gli expat. Abbiamo tutti storie interessanti e buffe (a volte sconvolgenti) da raccontare, e come con le procedure all’aeroporto, se uno comincia, si rischia di passare la serata a raccontarsi cos’è successo qui e là. E del resto, purtroppo, è tutto parte della realtà qui, e s’impara a conviverci: in Europa facciamo la coda all’ufficio postale, qui la facciamo al checkpoint.

 

Claudia Landini
Novembre 2013
Foto ©ClaudiaLandini

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