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Chiudendo la porta: una visita a Lifta

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Qualche giorno fa ho visitato Lifta con un paio di amiche.

Lifta è un villaggio palestinese che ha subito la stessa sorte di molti altri nel 1947 e ’48.Una cosa però lo distingue: anche se spopolato, è rimasto (almeno fino ad oggi) intatto. Il panorama è punteggiato da belle case arabe su entrambi i fianchi di una collina alla periferia di Gerusalemme. Anche se quasi tutte hanno subito molti danni e sono pressochè distrutte, testimoniano ancora di come dev’essere stata bella e vitale la vita nel villaggio.

Lifta ospitava 2.500 abitanti, perlopiù contadini. I mercati di Gerusalemme erano il punto di vendita dei loro prodotti. Era un villaggio ben organizzato, con una moschea, due scuole, qualche negozio, un paio di caffè, un club. Durante la visita ho tentato di immaginarmi il paesaggio senza le orride costruzioni di cemento che oggi soffocano le colline di fronte a Lifta. Dev’essere stato un posto paradisiaco in una terra dolce, dove la vita seguiva i ritmi delle stagioni e della crescita di olive e fichi.

DSCN7766 copyCamminando sui suoi sentierini che oggi sono quasi completamente invasi dalle erbacce, tentavo di immaginarmi il villaggio quando le case erano ancora intatte, quando c’erano persone che ci camminavano, si fermavano per salutarsi, o andavano a trovare i vicini o a bere qualcosa al caffè. Cercavo di sentire il suono dei bambini che giocavano, degli animali, delle donne che chiamavano i membri della famiglia per cena. E’ duro e doloroso pensare che dove fino a poco tempo fa c’era una vita e una comunità, oggi ci sono solo pietre ed erba.

Il piano di trasformare il villaggio in un quartiere moderno e lussuoso di ville, con un centro commerciale e una sinagoga, finora è stato bloccato da chi un tempo abitava a Lifta e da alcuni attivisti israeliani che sostengono che non rispetti gli standard di conservazione locali e internazionali. Gli abitanti di Lifta ci tornano ancora regolarmente. Tolgono la spazzatura lasciata dai senzatetto che dormono nelle loro case, tagliano una pianta o due, e si siedono (abbiamo visto una piccola sedia in metallo in quello che restava di un balcone). Molti di loro oggi vivono nella Città Vecchia a Gerusalemme o in West Bank, e non hanno il permesso di tornare.

DSCN7780 copyOggi il posto è usato perlopiù da israeliani che ci vanno a fare il pic-nic, o che nuotano felicemente nella piscina naturale di Lifta. L’atmosfera è strana, innaturale. Eravamo un po’ tese mentre passeggiavamo, ma siamo riuscite a visitare il villaggio a fondo.

Non so perchè sono ossessionata dalle case forzatamente abbandonate. Mi provocano un misto di fascino e profondo dolore. Mi son chiusa la porta alle spalle in tante case, ma non sono mai stata obbligata a lasciarle con la forza. Una casa ovviamente significa molto più che un mucchio di pietre: è la storia che ospita che parla attraverso le pareti, ed è quella storia che mi fa venire i brividi, se penso alla sua amara fine.

In questi giorni sto elaborando il fatto che a breve lascerò Gerusalemme per sempre. Sarà un momento doloroso, un lutto che dovrò attraversare. Visitare Lifra mi ha aiutata a rimettere in prospettiva le mie emozioni, e a ricordarmi quanto sono privilegiata, quando mi chiudo una porta alle spalle con una sensazione di aver raggiunto qualcosa, con ricordi positivi dentro di me, mentre mi dirigo verso future avventure.

 

Claudia Landini
Aprile 2014
Foto ©ClaudiaLandini

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