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Ho perso la voce

 

Ho perso la voce, ma ho trovato qualche idea…

Un paio di giorni fa, ho perso completamente la voce. Mi sono presa un brutto virus, e dopo due giorni di tosse, mi sono ritrovata completamente afona. Al momento ho un numero piuttosto elevato di clienti di coaching, e la mia prima preoccupazione è stata per loro. Come continuare i programmi se io non potevo parlare?

Certo, la coach deve parlare il meno possibile. Tutte le accademie di coaching insistono su questo punto: la coach deve innanzitutto ascoltare profondamente, sentire il cliente, la situazione. Poi, quando al cliente è stato dato tutto lo spazio di cui ha bisogno per esprimersi, la coach può parlare.

Di solito questo si traduce in un rapporto 80%/20%: il cliente dovrebbe parlare per l’80% della sessione, il restante venti è per la coach. Naturalmente rifuggiamo la rigidità. Ci sono clienti che parlano moltissimo e altri che hanno bisogno di essere spinti, interrogati, incoraggiati.

In ogni caso, in genere una coach deve poter usare la sua voce. E questa è stata una sorta di illuminazione per me. Mai prima avevo realizzato che uno dei miei strumenti di lavoro, e in effetti il più importante, è la mia voce.

Per certificarmi alla mia accademia di coaching, ho dovuto creare il mio Modello di Coaching, e anche identificare ed elaborare il mio Strumento Principale. Ho scelto Condivisione contro Isolamento, perchè sono profondamente convinta che nella condivisione stia la chiave per andare avanti.

Ho sempre pensato agli strumenti che uso nelle mie sessioni di coaching come a una sorta di portfolio composto dalle mie doti naturali, le mie capacità, e le mie esperienze di vita e professionali. Adesso mi rendo conto che senza voce non posso usare nessuno di questi strumenti a vantaggio del mio cliente.

Avevo davanti a me un’importante sessione di coaching ed ero completamente senza voce. Ho scritto al mio cliente e gli ho detto che avremmo comunque provato; se la voce non tornava, avrei scritto nella chat, ma poi ho capito quanto anche questo sia limitante. Parte della presenza del coach si esprime anche con il tono di voce, con le sfumature del parlato, con la carica di calore, o di allegria, che si mette nelle frasi.

Ho capito quanto è importante per una coach prendersi cura della propria voce. Tentavo di dire qualcosa a mio marito e non usciva suono, e la mia frustrazione era al massimo. Mi son chiesta, cosa succederebbe se perdessi la voce per sempre? Certamente continuerei a scrivere articoli e messaggi, e a esprimere i miei sentimenti e i miei suggerimenti in quel modo, ma che sensazione di incompletezza!

Comunque e al di là di tutto, ho concluso che la cosa ancora più importante è di non perdere la mia voce interna: quella passione scatenata che mi spinge continuamente verso la gente, che mi fa pensare che gli esseri umani siano belli e interessanti, e che hanno sempre qualcosa da dire e dare. Fin quando riuscirò a far sentire questa voce, non dovrò preoccuparmi. E ci vuole ben più di un virus per ucciderla.

 

Claudia Landini
Aprile 2017

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